Il difetto grave dei transatlantici “Doria” – “Colombo” – “Leonardo”
Le domande di un “informatore inglese”
Frequentavo il Circolo Velico “Erix” - il nome romano di Lerici, derivante dalla voce celtica eruk, il leccio – ove si veleggiava con le barche a vela Classe Star (foto n° 42). Un giorno arrivò al circolo una distinta coppia di Inglesi, con una grande Jaguar che trainava un carrello con sopra una nuovissima barca a vela “Star”. Essi chiesero ospitalità al circolo per una settimana, ed il loro obbiettivo era conoscere le qualità dei venti e le potenzialità veliche del nostro golfo. Tutti erano contenti di questa insolita presenza internazionale, ed anch’io accettai di fare uscite in mare con loro, per spiegare le ricchezze storiche del nostro golfo, oltre che per capire bene il regime rotante dei venti, allora assai regolari. La settimana stava per finire, e mi chiesero se potessero offrirmi un aperitivo per ringraziarmi dell’amicizia dimostrata, ma non all’interno del circolo, bensì in uno dei tanti bar esistenti nel molo di Lerici. Parlarono si della loro esperienza nel golfo, ma infine, con molta sincerità e chiarezza, mi dissero che sapevano che ero stato imbarcato sulla “Leonardo da Vinci” nel viaggio in cui si era verificato il grande numero di infortuni, per la triplice fortissima sbandata della nave. Il distinto giovane signore si qualificò come un esperto di assicurazioni navali, e poiché non parlava italiano, era accompagnato da una giovane funzionaria della ambasciata italiana, che aveva la funzione di interprete. Si erano presentati come coppia per poter entrare “facilmente” nell’ambiente del circolo, ma il loro obbiettivo era quello di capire cosa fosse effettivamente successo nella stabilità della nave. Avevano assoluta necessità di sapere da me la verità, avendo prima raccolte informazioni sul mio conto. Spiegai tecnicamente l’accaduto, anche perché colsi quella insperata occasione per dirimere dalle accuse ricevute l’Ufficiale di Guardia, che era stato sbarcato con un nota nel libretto di navigazione assai infamante, perché <non aveva ottemperato alla consegna del Comandante di adoperare il timone solo per angoli di accostata di pochi gradi. La consegna del Comandante era errata e implicava una corresponsabilità del Comandante stesso, perché al limite avrebbe potuto valere per una navigazione atlantica, in cui raramente si incontrano navi, ma non per navigare in una rotta mediterranea parallela alla costa spagnola, in cui è facile incontrare navi che escono dai porti spagnoli o sono dirette a porti spagnoli, e quindi incrociano perpendicolarmente la rotta dei transatlantici diretti a Genova. Conoscevo l’ufficiale come molto scrupoloso nella condotta della navigazione, perché andavo sempre a salutarlo al termine della mia comandata al ballo serale della Classe Lusso, perché era in turnazione da mezzanotte alle quattro, ed aveva come sottordine un mio compagno di classe durante gli studi all’istituto nautico della Spezia. Quell’ufficiale, oggi deceduto, fu quindi sbarcato ingiustamente dalla Società Italia, ma passò comunque al comando di navi da crociera che operavano nei Caraibi. Parlare dell’altezza metacentrica dei transatlantici della Società Italia non era comunque un argomento gradito, anzi, doveva essere rimosso, perché entravano in gioco importanti interessi nazionali.
Infatti, secondo le disposizioni operative dell’Ansaldo, già a metà viaggio i serbatoi del combustibile svuotati dai consumi avrebbero dovuto essere riempiti di acqua di mare, per mantenere la stabilità e quindi la sicurezza della nave. Ma ciò non veniva mai fatto, per non doverli ripulire prima di inserirvi il nuovo combustibile. Per ciò nel primo viaggio il “Doria” ebbe uno sbandamento di 28° gradi, così come nel 100°, quello fatale.
Infatti, secondo le disposizioni operative dell’Ansaldo, già a metà viaggio i serbatoi del combustibile svuotati dai consumi avrebbero dovuto essere riempiti di acqua di mare, per mantenere la stabilità e quindi la sicurezza della nave. Ma ciò non veniva mai fatto, per non doverli ripulire prima di inserirvi il nuovo combustibile. Per ciò nel primo viaggio il “Doria” ebbe uno sbandamento di 28° gradi, così come nel 100°, quello fatale.
Un episodio da manuale per far capire l’effetto moltiplicatore del rischio in navigazione.
Durante la presentazione del libro “Quel bianco alto cappello” nel Salone del Civico Palazzo di Lerici, avvenuta sabato 5 maggio 2018, è nata una discussione col pubblico, a riguardo del rischio del gigantismo nella costruzione delle nuove navi da crociera. In serata sarebbe transitate davanti a Lerici, uscenti dal Passo di Ponente della diga foranea, due grandi navi da crociera con a bordo circa diecimila persone, fra passeggeri ed equipaggio. Nel libro è narrato il seguente episodio, occorso al Comandante Giuliano Bossi di Manarola (Cinque Terre): <Percorrevo il passaggio delle Angosture, vicino alla Terra del Fuoco. Ci sorprese la corrente [di marea]. Non riuscivo a governare; la nave si avvicinava pericolosamente agli scogli, nei pressi di una statua della Madonna che si eleva dalla costa a identificazione del luogo. L’orchestra di bordo a quel punto intonò l’Ave Maria di Schubert e la nave tornò in rotta>. Una felice conclusione di un elevatissimo rischio di naufragio. Un simile elevatissimo rischio di naufragio lo stava correndo la nave da crocieranel passaggio all’interno del fiordo della Norvegia lungo il canale segnalato con boe che danno il segnale verde e rosso, per evitare pericoli di andare in costa. Il capitano lericino Giorgio Pagano, figlio d’arte, ha così narrato: “Era notte. Stavo osservando il radar. Ad un certo punto vidi che la nave era improvvisamente uscita del canale e veniva spinta contro la costa. In plancia vi era il Comandante assistito dal pilota, che aveva con sé le carte delle correnti marea. Il Comandante e il pilota impallidirono e rimasero pietrificati. Ordinai immediatamente al timoniere di venire tutto alla banda a sinistra, con tutte le sue forze. La nave reagì, dopo aver subito una forte alambardata che fece cadere molti dei passeggeri e dei marinai dai letti e dalle cuccette. Contemporaneamente avevo messo le macchine pari avanti mezza. Come la nave rientrò nel canale ordinai al timoniere di venire tutto alla banda a dritta, con tutte le sue forze. Nuova terribile alambardata. Come la nave si riorientò nella rotta da seguire al centro del canale, misi le macchine a tutta forza per rendermi al più presto franco da quel pericolo. Il pilota era divenuto tremante e bianco in viso. Si era accorto di aver sbagliato nel leggere le avvertenze giornaliere per i flussi delle correnti di marea. Quel giorno erano previste correnti fino a 12 nodi, proibitive per le navi da crociera, che avrebbero dovute fermarsi e attendere che il flusso scendesse attorno ai 2 – 4 nodi. Ma il pilota aveva sbagliato pagina!