Approfondimenti di toponomastica: I Bozi Main.
Nel “ Vocabolario del Dialetto Lericino”, di Colombo Bongiovanni, il termine spezzino “ bòzo” viene scritto come ”bòśo” e nei riferimenti dialettali a corredo del termine vengono inseriti “i Bòsi Main”, come località sita nei pressi del Monte Rocchetta, sopra ad Ameglia. La stessa scrittura del termine si ritrova nel “Vocabolario lericino” di Zenobia Brondi. Nel “Vocabolario del dialetto di Telaro”, di Ennio Callegari e Guglielmo Varese, viene riportato invece come” bòzo”. L’etimologia , secondo il Devoto-Oli, è di derivazione latina, da bodius, fosso. Oltre al termine singolo, è importante notare la presenza, nel dialetto lericino, di toponimi doppi che contengono il termine, quindi molto importanti, necessitanti di approfondimento. “Bòżo der lin” è un tesoro toponomastico perché contiene la radice llyn, di derivazione celtica, che significa acqua che scorre leggera, tranquilla, non potendosi pensare alla coltivazione del lino, essendo qui il terreno in notevole pendenza. La doppia etimologia legata all’acqua viene confermata dalle voci gaeliche linn – linna – lenis, che stanno per acqua dolce. Si può richiamare una certa affinità con voci più antiche, come l’accadico limhu = acqua limacciosa, da cui sarebbe poi derivata la voce accadica luhâmu = zona acquitrinosa. Anche il Beretta tratta fra le “res”, cioè gli elementi che determinano i toponimi, sia la radice celtica llyn sia la radice gaelica linn ( C. Beretta – I nomi dei fiumi, dei monti, dei siti – le strutture linguistiche preistoriche” – Centro Camuno di Studi Preistorici). Preso atto della importanza che assume il suddetto toponimo doppio, ci si deve impegnare in un analogo approfondimento verso il toponimo “I bòżi main”. Secondo la tradizione popolare vi erano nella zona molti fenomeni carsici detti “sprigue”, cioè cavità molto profonde, in cui, gettandovi i sassi, non si percepiva il tonfo di fondo. Da ciò la credenza che la cavità arrivasse fino al mare. Molti rifiutano questa etimologia. Assieme al geologo Davide Gori, allievo del prof. Roberto Chiari dell’Università di Parma, è stato studiato il Caprione, e nel sito di Scornia si è trovato un cumulo di sassi alto circa 80 centimetri. Tutti i sassi sono stati tolti e si è presentata una apertura assai stretta. Si è gettato il sasso dentro e non si è udito alcun suono. Utilizzando dei giornali accesi si è notato che la fiamma veniva spinta in alto, segno di presenza di correnti d’aria ascendenti. Questa potrebbe essere una spiegazione pratica, plausibile per la spiegazione del toponimo, che sarebbe dovuto ad una “res”, cioè ad un fenomeno. In termini di similitudine fonetica si potrebbe forse richiamare la voce fosdinovese “bokomarin” , citata nel “Vocabolario dei dialetti di Sarzana, Fosdinovo , Castelnuovo Magra “ del prof. Giorgio Masetti, in cui, alla pag. 459, si legge che significa l’Ulex europeus , cioè la ginestra spinosa. Ma alla luce dell’esperimento fatto a Scornia, altro toponimo di derivazione celtica da skeir-na = il luogo delle rocce, rimane più probabile, per l’etimologia del toponimo, la tradizione popolare.