Antiche tradizioni rinvenute alla Serra e ad Ameglia.
Il nostro territorio ha ospitato il popolo degli Umbri, che provenivano dal Mar Nero, invaso dalle acque del mare che stavano crescendo di livello, attorno al III° Millennio a.C.. Arrivarono in Lunigiana attraverso le Alpi Orientali. Quest’ultima scoperta si deve ad uno studioso dell’Università di Tucson (Arizona) che, nel 2000, identificò in uno specchio bronzeo, rinvenuto nelle Alpi, una divinità femminile del panteon umbro, e non etrusco, come in un primo tempo si era creduto da parte di studiosi italiani. Dopo questa scoperta gli studiosi dell’Università di Perugia, in particolare il prof. Augusto Lancillotti, dovettero rivedere tutte le loro teorie glottologiche e dovettero coniare il termine di Paleo-Umbri , con riferimento agli Umbri che erano arrivati sul territorio di Lunigiana e vi si erano stanziati, lasciandovi i loro eccezionali toponimi. La presenza di questi toponimi era già documentata, prima della scoperta delle Tavole di Gubbio - rinvenute nell’anfiteatro romano di Gubbio nel 1444 - nelle pergamene del Codice Pelavicino, la raccolta di oltre cinquecento pergamene che dimostravano i diritti del vescovo-conte di Lunigiana. Poiché queste pergamene datano dal 900 al 1297, e il contenuto delle Tavole è stato trascritto da Giacomo Devoto soltanto nel 1940, è stato possibile confutare decisamente sia che le Tavole fossero un falso, sia che il Devoto abbia trascritto contenuti che non avrebbero potuto essere trascritti. Sgombrato quindi il campo da questi pesanti dubbi, anche perché al British Museum sono contenute altre tavole bronzee con analoga scrittura, si sono potuti studiare tutti i nomi di Lunigiana aventi radici eugubine. Padellar è la divinità della fecondità del panteon umbro, che veniva spesso collocata su un piedistallo, o una predella, per cui a Trebiano si ritrova il toponimo Predallara (cioè l’ara della dea Predella). Ciò che interessa la tradizione è però il modo di dire “bella come il culo della padella”, che andrebbe scritto come il “culo della Padella”, cioè le natiche della donna prolifica, da onorare devotamente come simbolo di fertilità. Ecco perché alla Serra si è rinvenuto il modo di dire “no, te no te pè vegnie, sinò te devi basae er cuo aa vecia”. Questo veniva detto ai bambini che volevano seguire i grandi che, con i sacchi a spalla, scendevano al mulino di Ameglia, attraverso un sentiero scosceso. La fonte autorevole di questo modo di dire è Monsignor Enzo Freggia, direttore della Biblioteca Niccolò V del Seminario di Sarzana. Perché “baciare il culo alla vecchia?”? Un analogo modo di dire è emerso in Val di Vara e nelle Cinque Terre, ma con la variante “bajà u cü aa Maimunna”, cioè la Mater Magna dei Latini, la Dea Madre della preistoria, e quindi anche la Padellar dei Paleo-umbri. Si deduce allora che onorare devotamente, con il bacio, le natiche della donna prolifica, era una pratica diffusa della preistoria e della protostoria, fosse essa chiamata Padella o Mater Magna, o Maimona, o Maimunna. Ma vecia è anch’essa la Grande Madre? Un ritrovamento importantissimo è avvenuto in una mappa della Via Regia, la strada che da Romito porta al Cafaggio di Ameglia, conservata nell’Archivio Storico del Comune. Nella mappa si può leggere chiaramente “Scoglio della Vecchia”! Per alcuni ciò non poteva bastare a fare questo collegamento semantico. Ecco però una nuova serendipità. Andando a fare ricerche di archeoastronomia nel Massiccio Centrale di Francia, oltre ad aver trovato nella regione del Lozère un grande trilite con losanga sovrapposta, è emerso che “la Vieille” è la donna della sessualità primordiale. Non solo, ma è stato possibile incontrare lo studioso di preistoria che ha pubblicato il libro “Le secret des menhirs: Lozère, royaume de la vieille” (1996). Per capire il titolo occorre sapere che nel Lozère si trovano centinaia e centinaia di menhirs, oltre ad altri megaliti orientati. Il taglio del libro non lascia dubbi alla nostra ricerca, perché inneggia al paganesimo antico, chiaramente anticlericale. In ogni modo la tradizione orale della Serra va a coincidere mirabilmente con la documentazione storica di Ameglia.