TRACCE DI MIGRAZIONI DALL’INDIA ALLA LUNIGIANA.
Come scrive il prof. Subhash Kak della Oklahoma State University nel trattato “Astronomical Code of the Rig-veda” si ritiene che in India la metallurgia del rame si sia affermata attorno al 4000 a.C. mentre la metallurgia del bronzo attorno al 3000 a.C.. Queste conoscenze sarebbero avanzate verso Ovest , cioè verso l’Europa (il paese ove tramonta il Sole, in sanscrito erep).
Nell’Appennino Tosco-emiliano, lungo il Sentiero 118 CAI di Lunigiana, che da Treschietto sale al Passo di Badignana, sono state rinvenute prove palesi di questa civilizzazione. Una prima comunicazione di questa importante scoperta è avvenuta con un libricino dal titolo “Uguale da tanto tempo” stampato a Pontremoli (Massa) dalla Editrice del Corriere Apuano nel 1997. Questo piccolo prezioso libro non venne assolutamente fatto circolare. Non se ne conosce il perché. Troppo rivoluzionario? È invece stato mostrato a Bagnone (Massa) durante le festività folkloristiche estive del 2013. Autore ne è il prof. Roberto Chiari, insigne petrografo dell’Università di Parma, che ha lasciato l’Italia (“ove non è possibile studiare seriamente”) e si è trasferito nella lontana Tasmania, ove continua a lavorare come geologo e petrografo, con molta soddisfazione. Nella sua grande esperienza ha lavorato alla NASA, alla NATO, a Mosca con i Russi, svolgendo sempre incarichi speciali.
Nell’Appennino Tosco-emiliano, lungo il Sentiero 118 CAI di Lunigiana, che da Treschietto sale al Passo di Badignana, sono state rinvenute prove palesi di questa civilizzazione. Una prima comunicazione di questa importante scoperta è avvenuta con un libricino dal titolo “Uguale da tanto tempo” stampato a Pontremoli (Massa) dalla Editrice del Corriere Apuano nel 1997. Questo piccolo prezioso libro non venne assolutamente fatto circolare. Non se ne conosce il perché. Troppo rivoluzionario? È invece stato mostrato a Bagnone (Massa) durante le festività folkloristiche estive del 2013. Autore ne è il prof. Roberto Chiari, insigne petrografo dell’Università di Parma, che ha lasciato l’Italia (“ove non è possibile studiare seriamente”) e si è trasferito nella lontana Tasmania, ove continua a lavorare come geologo e petrografo, con molta soddisfazione. Nella sua grande esperienza ha lavorato alla NASA, alla NATO, a Mosca con i Russi, svolgendo sempre incarichi speciali.
Lo studio petrografico del prof. Chiari.
È suo il merito di aver analizzato il petroglifo rinvenuto nel Sentiero 118 con metodi innovativi e di aver trovato due tracce di diaspro e tre di calcedonio all’interno delle incisioni, e di avere anche potuto riconoscere che il diaspro utilizzato per la prima incisione proveniva dalla più grande cava di diaspro del mondo, cioè quella di Maissana (Val di Vara). Per il calcedonio non esisteva allora alcuna matrice di confronto (forse proveniva dal monte Arci di Sardegna?). Il petroglifo, ricavato su arenaria, è stato quindi sbozzato con il diasporo e rifinito con il calcedonio. Nelle ultime pagine del libretto, di cm 11 x 15, sono riportate le suddette tracce millimetriche, ritrovate al di sotto della patina di gesso, wedellite, cianobatteri, ossalati e licheni grigi.
Le immagini sono state riprese con il Microscopio Elettronico a Scansione SEM JEOL 6400 + EDS Tracorn Northern. Come è stato ottenuto ciò? Si è inciso il petroglifo dapprima con una punta di osso, e si sono conservati gli asporti facendo seguire il movimento della punta con carta igienica bagnata bianca. Si è ripetuto il percorso con una punta di acciaio, incidendo l’arenaria vergine e facendo recuperare l’asporto con la solita carta igienica bagnata bianca. I reperti sono stati essicati, quindi bruciati e dalla spettrografia si sono rilevate le differenze dei contenuti. Diaspro e calcedonio non appartenevano ai minerali contenuti nell’arenaria vergine.
Perché effettuare una simile analisi su un petroglifo? Cosa aveva di così importante?
Semplicemente era identico ad uno analogo esistente in India, nella città sacra di Vijaianagar (distretto di Hampi). Lo stesso professor Chiari ha narrato di aver visto un simile petroglifo nel Cinghialodromo del Molinatico (Parma) senza averne potuto valutare prima l’immenso valore. Qualcuno, nel frattempo, dopo essere emerso il paredro in Lunigiana, lo ha fatto sparire. Si noti che il petroglifo del Molinatico, come riportato dal prof. Chiari, presentava in più un suus. Il sottoscritto, dopo aver fotografato il misterioso petroglifo, ne ha inviata l’immagine a studiosi di tutta Europa per sapere se avessero mai visto qualcosa di simile.
Nessuna risposta è pervenuta, se non quella del dr. Werner Weick, giornalista, documentarista e regista della Radiotelevisione della Svizzera Italiana, produttore di molti filmati sull’India e sull’Oriente. Egli consigliava di rivolgersi, per lo studio del petroglifo, al prof. Emmanuel Anati del Centro Camuno di Studi Preistorici.
Il prof. Anati, per poter accettare una comunicazione al Valcamonica Symposium, richiedeva però la perizia petrografica che attestasse la antichità del reperto. Ecco allora la richiesta dell’intervento del prof. Chiari, la sua attestazione della notevole antichità del reperto, la avvenuta comunicazione nel Valcamonica Symposium del 1996 e la conseguente pubblicazione dell’immagine del petroglifo nei Bollettini del Centro Camuno di Studi Preistorici n° 29 del 1996 e n° 30 del 1997.
Nessuna risposta è pervenuta, se non quella del dr. Werner Weick, giornalista, documentarista e regista della Radiotelevisione della Svizzera Italiana, produttore di molti filmati sull’India e sull’Oriente. Egli consigliava di rivolgersi, per lo studio del petroglifo, al prof. Emmanuel Anati del Centro Camuno di Studi Preistorici.
Il prof. Anati, per poter accettare una comunicazione al Valcamonica Symposium, richiedeva però la perizia petrografica che attestasse la antichità del reperto. Ecco allora la richiesta dell’intervento del prof. Chiari, la sua attestazione della notevole antichità del reperto, la avvenuta comunicazione nel Valcamonica Symposium del 1996 e la conseguente pubblicazione dell’immagine del petroglifo nei Bollettini del Centro Camuno di Studi Preistorici n° 29 del 1996 e n° 30 del 1997.
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Lo studio semantico del petroglifo.
Gli elementi che si rinvengono incisi all’interno del petroglifo sono:
la losanga centrale
i due tridenti del culto di Shiwa
il templum, cioè lo spazio suddiviso in quattro parti eguali dalle direzioni dei punti cardinali
la verga da rabdomante a rotazione verticale con il settore circolare centrale
la linea verticale
il cerchio con all’interno l’angolo.
La losanga centrale affiancata dai due tridenti del culto di Shiwa non può essere riferita al mero culto delle fecondità femminile, ma in questo caso sembra assumere un significato di energia spirituale. I due tridenti, che richiamano anche il fulmine, sembrano denotare la portata spirituale del sito.
(Nella foto la parte inferiore, evidenziata con acqua)
Gli elementi che si rinvengono incisi all’interno del petroglifo sono:
la losanga centrale
i due tridenti del culto di Shiwa
il templum, cioè lo spazio suddiviso in quattro parti eguali dalle direzioni dei punti cardinali
la verga da rabdomante a rotazione verticale con il settore circolare centrale
la linea verticale
il cerchio con all’interno l’angolo.
La losanga centrale affiancata dai due tridenti del culto di Shiwa non può essere riferita al mero culto delle fecondità femminile, ma in questo caso sembra assumere un significato di energia spirituale. I due tridenti, che richiamano anche il fulmine, sembrano denotare la portata spirituale del sito.
(Nella foto la parte inferiore, evidenziata con acqua)
La verga da rabdomante a rotazione verticale, che non può non essere costruita se non con il rame, può indicare nel luogo la presenza di energie bio-compatibili. La presenza del templum ci induce a rilevare che questo archetipo non è di derivazione etrusca, bensì va retrodatato alla liturgia sacra dell’India, con le invocazioni da rivolgere verso i quattro settori del cielo. Il cerchio con l’angolo inscritto è di difficile interpretazione. Lo si rileva anche nel Lago Titicaca, in dimensioni maggiori, e potrebbe essere la indicazione della conoscenza della precessione degli equinozi.
(Nel disegno lo schema completo del petroglifo)
(Nel disegno lo schema completo del petroglifo)
Gli altri petroglifi del sentiero: il pastore.
Un interessante petroglifo riproduceva un pastore con il bastone di comando, ricurvo in alto, come oggi si vede adottato dai vescovi. Al disotto della tunica si vede un angolo, non contornato dal cerchio. Altro angolo, non contornato dal cerchio, si vedeva nella parte finale della roccia.
Un interessante petroglifo riproduceva un pastore con il bastone di comando, ricurvo in alto, come oggi si vede adottato dai vescovi. Al disotto della tunica si vede un angolo, non contornato dal cerchio. Altro angolo, non contornato dal cerchio, si vedeva nella parte finale della roccia.
Il kapala yantra.
Per anni il sottoscritto aveva cercato di capire cosa fosse questo petroglifo, che mostrava comunque una base geometrica. Essendovi nel sentiero una croce che sembrava una croce templare decussata, avevo ritenuto che fosse ascrivibile alle conoscenze astronomico-geografiche dell’Ordine del Tempio, spinto a ciò dall’aver rilevato accanto alla croce una simbologia a phi. Gli studiosi francesi dei Templari ritengono infatti che quando si trova questa simbologia, specie se doppia, ciò possa significare che vi sia stato sepolto un tesoro del Tempio. Estendendo gli studi di archeoastronomia all’India è emerso da qualche anno che il petroglifo potesse rappresentare una macchina per il calcolo della latitudine. In India vi sono molte di queste grandi costruzioni, con profilo rotondo, semicircolare, utilizzate per le osservazioni del Sole per calcolare la latitudine di un luogo. La forma rotonda riprende il profilo del teschio umano, cioè del capo (kapala) mentre yantra sta a significare macchina, dispositivo.
Per anni il sottoscritto aveva cercato di capire cosa fosse questo petroglifo, che mostrava comunque una base geometrica. Essendovi nel sentiero una croce che sembrava una croce templare decussata, avevo ritenuto che fosse ascrivibile alle conoscenze astronomico-geografiche dell’Ordine del Tempio, spinto a ciò dall’aver rilevato accanto alla croce una simbologia a phi. Gli studiosi francesi dei Templari ritengono infatti che quando si trova questa simbologia, specie se doppia, ciò possa significare che vi sia stato sepolto un tesoro del Tempio. Estendendo gli studi di archeoastronomia all’India è emerso da qualche anno che il petroglifo potesse rappresentare una macchina per il calcolo della latitudine. In India vi sono molte di queste grandi costruzioni, con profilo rotondo, semicircolare, utilizzate per le osservazioni del Sole per calcolare la latitudine di un luogo. La forma rotonda riprende il profilo del teschio umano, cioè del capo (kapala) mentre yantra sta a significare macchina, dispositivo.
Le stele che si rinvengono lungo il sentiero.
Si notano ancora tre stele, una posta all’inizio della salita, una al centro, presso un sottilissimo getto d’acqua che sgorga dalla roccia ed una al culmine del sentiero. Tutte tre le stele sono state cristianizzate, si ritiene nel 1602, perché tale data è stata incisa in modo chiaro ed evidente su una roccia e corrisponde peraltro alle notizie storiche sul tentativo di soffocare i culti pagani allora vigenti in Lunigiana, terra in cui fino alla Seconda Guerra Mondiale si sono tenute le processioni delle donne che portavano i “pipin”, oggetti fallici in legno, di colore rosso con la testina bianca, conservati nelle sacrestie dei paesini ed oggi trasferiti nel Museo Etnografico di Villafranca Lunigiana. All’interno delle tre stele è stato scavato un seggio rettangolare e vi sono state poste delle formelle di marmo di Carrara. Nella prima sembra di leggere un sacerdote con cotta che insegna ad un giovinetto l’ascensione. La seconda formella è stata asportata. La terza formella rappresenta la colomba dello Spirito Santo. All’inizio del percorso, in prossimità del paese di Treschietto, nel 1969 è stata rinvenuta una statua stele durante i lavori di allargamento del cimitero. CLICCATE SULLE FOTO SOTTO PER INGRANDIRLE E VEDERLE IN SEQUENZA
Si notano ancora tre stele, una posta all’inizio della salita, una al centro, presso un sottilissimo getto d’acqua che sgorga dalla roccia ed una al culmine del sentiero. Tutte tre le stele sono state cristianizzate, si ritiene nel 1602, perché tale data è stata incisa in modo chiaro ed evidente su una roccia e corrisponde peraltro alle notizie storiche sul tentativo di soffocare i culti pagani allora vigenti in Lunigiana, terra in cui fino alla Seconda Guerra Mondiale si sono tenute le processioni delle donne che portavano i “pipin”, oggetti fallici in legno, di colore rosso con la testina bianca, conservati nelle sacrestie dei paesini ed oggi trasferiti nel Museo Etnografico di Villafranca Lunigiana. All’interno delle tre stele è stato scavato un seggio rettangolare e vi sono state poste delle formelle di marmo di Carrara. Nella prima sembra di leggere un sacerdote con cotta che insegna ad un giovinetto l’ascensione. La seconda formella è stata asportata. La terza formella rappresenta la colomba dello Spirito Santo. All’inizio del percorso, in prossimità del paese di Treschietto, nel 1969 è stata rinvenuta una statua stele durante i lavori di allargamento del cimitero. CLICCATE SULLE FOTO SOTTO PER INGRANDIRLE E VEDERLE IN SEQUENZA
La Dea Madre Vergine e la Dea Madre Gravida.
In alto, presso il luogo detto “Baton” (etimologia di derivazione francese da batir, costruire, vi si trovano infatti alcune piccole casupole dei pastori) si rinvengono due grandi pietre tagliate a losanga, di cui una portante la coppella centrale, simbolo, secondo la interpretazione della grande archeologa Marija Gimbutas (nativa della Lettonia e docente all’Università di California) della Dea Madre Gravida. Una analoga losanga, (nella foto sotto), simile nelle dimensioni e nella forma, è stata rinvenuta a Entracque (Piemonte) lungo il fiume Gesso, alla confluenza con un torrente.
In alto, presso il luogo detto “Baton” (etimologia di derivazione francese da batir, costruire, vi si trovano infatti alcune piccole casupole dei pastori) si rinvengono due grandi pietre tagliate a losanga, di cui una portante la coppella centrale, simbolo, secondo la interpretazione della grande archeologa Marija Gimbutas (nativa della Lettonia e docente all’Università di California) della Dea Madre Gravida. Una analoga losanga, (nella foto sotto), simile nelle dimensioni e nella forma, è stata rinvenuta a Entracque (Piemonte) lungo il fiume Gesso, alla confluenza con un torrente.
La vandalizzazione.
Il sentiero è impervio. Poca gente vi passa ed anche i pastori salgono all’alpeggio con gli autocarri o lo usano soltanto al scendere a valle. Qualche anno fa il sottoscritto ha visto transitarvi due motocrossisti, che nei punti più difficili erano costretti a fermarsi e trasportare le moto a spalla, anche se per brevi tratti. Poiché esiste una strada carraia per avvicinarsi al sentiero, percorribile comunque con veicoli fuori strada, la Comunità Montana ed il Comune di Bagnone hanno ritenuto necessario allargare il primo tratto del sentiero per renderlo carraio. Si tratta di un tratto di strada di circa trecento metri, di notevole pendenza (circa il 30%) difficile da percorrere anche con grandi veicoli fuori-strada, tanto è vero che vi è stata posta una sbarra per impedire ai veicoli di percorrerla.
Il sottoscritto ha provveduto ad inviare una lettera raccomandata al Sindaco di Bagnone in data 2 agosto 2007 ove ancora si trattava di un simbolo geometrico, forse templare, ma non ancora del Kapala Yantra. Come normalmente avviene in Italia in questi casi non vi è stata risposta alcuna. E’ avvenuto però che la statua stele sia stata rimessa a posto, ovviamente spostata di qualche metro, come mostrano le fotografie fatte prima della vandalizzazione e dopo la vandalizzazione. La stele, spezzata, appare risaldata.
Altri elementi che riconducono alle tradizioni dell’India:
- La toponomastica
- L’altare del Dio Çernumnos (Monte Sillara)
- La pietra fallica di Shiwa (Canaa Granda)
- Agni Hotra
- Geografia sacra
- Canoa tantrica (Scornia)
- Elementi di Paleogastronomia
Toponomastica:
India Italia
Agra Agra (Svizzera)
Arappa Arabba
Ascoli Ascoli
Indo Indo
Luni (città) Luni
Luni (fiume)
Moenjo Moena
Salem Salemi
Simla Similaum
Il sentiero è impervio. Poca gente vi passa ed anche i pastori salgono all’alpeggio con gli autocarri o lo usano soltanto al scendere a valle. Qualche anno fa il sottoscritto ha visto transitarvi due motocrossisti, che nei punti più difficili erano costretti a fermarsi e trasportare le moto a spalla, anche se per brevi tratti. Poiché esiste una strada carraia per avvicinarsi al sentiero, percorribile comunque con veicoli fuori strada, la Comunità Montana ed il Comune di Bagnone hanno ritenuto necessario allargare il primo tratto del sentiero per renderlo carraio. Si tratta di un tratto di strada di circa trecento metri, di notevole pendenza (circa il 30%) difficile da percorrere anche con grandi veicoli fuori-strada, tanto è vero che vi è stata posta una sbarra per impedire ai veicoli di percorrerla.
Il sottoscritto ha provveduto ad inviare una lettera raccomandata al Sindaco di Bagnone in data 2 agosto 2007 ove ancora si trattava di un simbolo geometrico, forse templare, ma non ancora del Kapala Yantra. Come normalmente avviene in Italia in questi casi non vi è stata risposta alcuna. E’ avvenuto però che la statua stele sia stata rimessa a posto, ovviamente spostata di qualche metro, come mostrano le fotografie fatte prima della vandalizzazione e dopo la vandalizzazione. La stele, spezzata, appare risaldata.
Altri elementi che riconducono alle tradizioni dell’India:
- La toponomastica
- L’altare del Dio Çernumnos (Monte Sillara)
- La pietra fallica di Shiwa (Canaa Granda)
- Agni Hotra
- Geografia sacra
- Canoa tantrica (Scornia)
- Elementi di Paleogastronomia
Toponomastica:
India Italia
Agra Agra (Svizzera)
Arappa Arabba
Ascoli Ascoli
Indo Indo
Luni (città) Luni
Luni (fiume)
Moenjo Moena
Salem Salemi
Simla Similaum
Altare del Dio Çernumnos.
Rinvenuto nel Monte Losanna. Su un masso è stato inciso il personaggio con il torque ed il serpente, ma senza le corna di cervo. CLICCATE SULLE FOTO SOTTO PER INGRANDIRLE E VEDERLE IN SEQUENZA
Rinvenuto nel Monte Losanna. Su un masso è stato inciso il personaggio con il torque ed il serpente, ma senza le corna di cervo. CLICCATE SULLE FOTO SOTTO PER INGRANDIRLE E VEDERLE IN SEQUENZA
Il Dio Çernumnos, nella foto sotto in un immagine dal libro I CELTI - Bompiani, si trova a Gundestrup, Danimarca ( I sec. a.C.), a fianco un'altra foto dell'incisione del Monte Losanna.
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Pietra fallica di Shiwa.
È stata identificata dal prof. P.B. Singh del Department of Geography, Banaras Hindu University – Varanasi, India, durante la comunicazione fatta da me nella Conferenza OXFORD VI and SEAC tenutasi al Museo della Scienza della Laguna (Tenerife) nel giugno 1999. Il megalite, portante sulla sommità sette coppelle con al centro la coppella centrale, si trova in località Guercio di Arcola, nel canale denominato dialettalmente “a Canaa”, all’interno di un giardino privato. Nella foto a destra, ingrandimento del cerchio di coppelle con coppella centrale.
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È stata identificata dal prof. P.B. Singh del Department of Geography, Banaras Hindu University – Varanasi, India, durante la comunicazione fatta da me nella Conferenza OXFORD VI and SEAC tenutasi al Museo della Scienza della Laguna (Tenerife) nel giugno 1999. Il megalite, portante sulla sommità sette coppelle con al centro la coppella centrale, si trova in località Guercio di Arcola, nel canale denominato dialettalmente “a Canaa”, all’interno di un giardino privato. Nella foto a destra, ingrandimento del cerchio di coppelle con coppella centrale.
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Agni Hotra.
Cerimonia che avveniva all’inizio della grande cena della Vigilia di Natale. Il capo famiglia o la persona più anziana presente a tavola, prima di iniziare a mangiare, si alzava e “dava da mangiare al fuoco”, cioè versava sul fuoco il primo bicchiere di vino, la prima fritella di mele, il primo sgabeo ecc.. Questa cerimonia, che stupiva molto i ragazzi, compiuta durante il periodo della festa del Sole Invitto, divenuta nel Cristianesimo il Santo Natale, cioè la nascita di Gesù, detto il Nuovo Sole di Giustizia, era un momento forte delle tradizioni di Lunigiana. Tutt’oggi in India il capo famiglia, appena alzato, munge il primo latte dalla capra e lo versa sul fuoco come offerta, quindi munge altro latte che andrà ai bambini, quindi munge il latte per il resto della famiglia.
Cerimonia che avveniva all’inizio della grande cena della Vigilia di Natale. Il capo famiglia o la persona più anziana presente a tavola, prima di iniziare a mangiare, si alzava e “dava da mangiare al fuoco”, cioè versava sul fuoco il primo bicchiere di vino, la prima fritella di mele, il primo sgabeo ecc.. Questa cerimonia, che stupiva molto i ragazzi, compiuta durante il periodo della festa del Sole Invitto, divenuta nel Cristianesimo il Santo Natale, cioè la nascita di Gesù, detto il Nuovo Sole di Giustizia, era un momento forte delle tradizioni di Lunigiana. Tutt’oggi in India il capo famiglia, appena alzato, munge il primo latte dalla capra e lo versa sul fuoco come offerta, quindi munge altro latte che andrà ai bambini, quindi munge il latte per il resto della famiglia.
Geografia sacra.
Nella Conferenza Internazionale OXFORD VI & SEAC 99 tenutasi al Museo della Scienza e del Cosmo alla Laguna (Tenerife) nel giugno 1999 il prof. Rana P.B. Sing, sopra citato, ha presentato la comunicazione a titolo “Sacred Landscapes and Cosmic Geometries: a study of Holy Places of North India”. In detto studio vennero mostrati dei triangoli sacri la cui bisettrice era volta verso il sorgere o il tramonto del Sole.
Nella Conferenza Internazionale OXFORD VI & SEAC 99 tenutasi al Museo della Scienza e del Cosmo alla Laguna (Tenerife) nel giugno 1999 il prof. Rana P.B. Sing, sopra citato, ha presentato la comunicazione a titolo “Sacred Landscapes and Cosmic Geometries: a study of Holy Places of North India”. In detto studio vennero mostrati dei triangoli sacri la cui bisettrice era volta verso il sorgere o il tramonto del Sole.
Dopo aver preso atto di ciò, rientrato in Italia, ho subito controllato le localizzazioni di toponimi sacri portanti la radice capr, il capro espiatorio, dapprima considerata di origine osco-umbra, ed ora meglio riferita alla radice sanscrita kap-hri, luogo ove si va a combattere il male. I tre culmini di Monte Caprione (Lerici) Monte Capri di Polverara (dal latino pulvis + ara, luogo delle ceneri dei sacrifici) e Monte Capri di Corniglia (Cinque Terre) posizionati nella carta nautica n° 3 dell’Istituto Idrografico della Marina a nome “Da Portofino a San Rossore” formano un triangolo la cui bisettrice giace ad azimuth di 301° , che corrisponde all’angolo con cui:
il Sole tramonta al Solstizio d’Estate, sono allineati tre dei siti megalitici che formano la figura della Cassiopea nel Caprione, e cioè Canaa Granda, Branzi e Cattafossi), sono allineati due vertici del triangolo isoscele a grande scala (245 miglia nautiche di lato)
formato da tre siti megalitici con strutture sormontate da losanga (Niolu in Corsica) Lerici (nella Liguria orientale) e il Lozère (Massiccio Centrale di Francia) e che determinano il lato che va da Niolu al Lozère.
il Sole tramonta al Solstizio d’Estate, sono allineati tre dei siti megalitici che formano la figura della Cassiopea nel Caprione, e cioè Canaa Granda, Branzi e Cattafossi), sono allineati due vertici del triangolo isoscele a grande scala (245 miglia nautiche di lato)
formato da tre siti megalitici con strutture sormontate da losanga (Niolu in Corsica) Lerici (nella Liguria orientale) e il Lozère (Massiccio Centrale di Francia) e che determinano il lato che va da Niolu al Lozère.
Una comunicazione a titolo “Geografia sacra in India e in Lunigiana“ è stata presentata dal sottoscritto al Convegno S.I.A. tenutosi all’Osservatorio di Capodimonte nel settembre 2003.
Nello schema sotto i due vertici del triangolo isoscele a grande scala (245 miglia nautiche di lato)
formato da tre siti megalitici con strutture sormontate da losanga (Niolu in Corsica) Lerici (nella Liguria orientale) e il Lozère (Massiccio Centrale di Francia) e che determinano il lato che va da Niolu al Lozère.
formato da tre siti megalitici con strutture sormontate da losanga (Niolu in Corsica) Lerici (nella Liguria orientale) e il Lozère (Massiccio Centrale di Francia) e che determinano il lato che va da Niolu al Lozère.
La “canoa tantrica” del sito megalitico di Scornia (Caprione).
Trattasi di una pietra a doppia sella, posizionata vicino ad altra pietra che porta una canalizzazione per offerte di liquidi. Dopo molte ricerche sulla semantica di un simile costrutto, la spiegazione è pervenuta da una giovane studiosa del Tantrismo, che effettuava molti viaggi in India. La pietra serviva per la armonizzazione dei chakra dei due giovanissimi candidati al matrimonio. Si ritiene che le giovani donne andassero in spose a circa 16 anni, o appena la larghezza del bacino lo consentisse; ciò dopo un periodo di ferrea separazione fra i due gruppi di giovani, per evitare gravidanze precoci, pericolosissime per la morte di parto. Dalle Tavole di Gubbio si apprende che i due gruppi di giovani erano chiamati “natine fratru” (le femmine) e “puplitelli” (i maschi). Se due giovani si univano prima che ne fosse stato decretato il permesso dallo shamano o dalla shamana, venivano lapidati e sepolti assieme. Se ne hanno le prove archeologiche. CLICCATE SULLE FOTO SOTTO PER INGRANDIRLE E VEDERLE IN SEQUENZA
Trattasi di una pietra a doppia sella, posizionata vicino ad altra pietra che porta una canalizzazione per offerte di liquidi. Dopo molte ricerche sulla semantica di un simile costrutto, la spiegazione è pervenuta da una giovane studiosa del Tantrismo, che effettuava molti viaggi in India. La pietra serviva per la armonizzazione dei chakra dei due giovanissimi candidati al matrimonio. Si ritiene che le giovani donne andassero in spose a circa 16 anni, o appena la larghezza del bacino lo consentisse; ciò dopo un periodo di ferrea separazione fra i due gruppi di giovani, per evitare gravidanze precoci, pericolosissime per la morte di parto. Dalle Tavole di Gubbio si apprende che i due gruppi di giovani erano chiamati “natine fratru” (le femmine) e “puplitelli” (i maschi). Se due giovani si univano prima che ne fosse stato decretato il permesso dallo shamano o dalla shamana, venivano lapidati e sepolti assieme. Se ne hanno le prove archeologiche. CLICCATE SULLE FOTO SOTTO PER INGRANDIRLE E VEDERLE IN SEQUENZA
Elementi correlati di paleogastronomia.
La gastronomia ha origine dalle forme delle offerte non cruente (pastelle e pane). In Lunigiana si ritrovano le lasagne (che debbono essere date alla donne che allattano) e che debbono essere fatte con la forma a losanga (etimologia greca da loxos + anghilos = obliquo + tagliato). La grande archeologa Marija Gimbutas fa risalire al 13.500 a. C. la elaborazione della forma a losanga, ma il primo reperto con una serie di sette losanghe è una pietra shamanica (la pietra da serrare all’interno della mano piegata) risalente al 77.000 a.C., rinvenuta in Sud Africa nella Grotta di Blombos, presso Capo Agulhas. In Lunigiana, oltre alle due pietre a forma di losanga, che giacciono appaiate lungo il sentiero 118 CAI, si notano i due toponimi di Monte Losanna e del paese di Losanna e denotano un culto dell’energia femminile soggiacente in natura. Marija Gimbutas ci riferisce che il forno per il pane veniva spesso decorato con losanghe (“le pareti interne sono dipinte a losanghe multiple”, cfr. pag. 147 del libro “Il linguaggio della Dea”). Pastelle con questa forma a rombo si rinvengono anche nelle steppe dell’Asia. I pastori nomadi del Kazakistan fanno esattamente paste lievitate come i nostri “sgabei”, che vengono colà fritti con grasso animale, mentre noi Liguri usiamo olio d’oliva. Il nome di questa preparazione, che si ritrova sempre nelle feste folkloristiche, deriva dallo stare tutti attorno al fuoco, seduti sullo sgabello, in modo da essere serviti a turno della pasta lievitata, appena fritta, che deve essere mangiata caldissima per essere meglio digerita. Le piccole tortine rotonde, chiamate in India apan, hanno evidentemente dato origine al nostro pane, mentre noi ora chiamiamo queste piccole confezioni piatte “patone”. Vengono anche dalle steppe dell’Asia i “ravioli”, cioè la pasta ripiena, sagomata a scacchiera e poi ritagliata. Non è da ritenersi infatti che questa usanza sia nata in Liguria e sia trasmigrata in Asia!
Dalla lingua dei Paleo-umbri, fuggiti dalla pianura del Mar Nero prima che venisse invaso dalle acque che si innalzavano (in piena glaciazione il livello del mare era 110 metri più basso dell’attuale) abbiamo ricevuto le forme di offerte per la fertilità maschile (la struhçla = l’avvoltolata, oggi divenuta lo strudel o la baguette francese o il filoncino nostrano) e per la fecondità femminile (la ficla, oggi il bucellato, o vucellatu in Sicilia, o il canestrello o comunque una preparazione con il buco, o ancora la michetta con la fessurazione nella parte superiore) e per l’unione delle due sessualità (la mefla, preparazione a forma di losanga, ricoperta di fichi tostati, con il buco centrale in cui veniva inserito un cuore di palma). Il riconoscimento di questa ultima preparazione ha richiesto molti anni di ricerche, perché soltanto in un convegno nazionale tenutosi
all’Istituto Professionale Alberghiero di Castelfranco Veneto nel 1992 si è appreso da un vecchio chef dell’Istituto Professionale Alberghiero di Gela che lì, secondo la tradizione del Natale, veniva fatto un dolce, chiamato muffoloni (si noti la permanenza delle consonanti m-f-l) che richiama le offerte sacre del Solstizio d’Inverno e della festa del Sole Invitto, legato alla doppia sessualità.
Dalla Cina comunque è venuta la preparazione degli spaghetti o meglio della pasta sottilissima, ritrovata a tre metri di profondità durante un recente scavo di un sito invaso dalle acque (da “Nature” ottobre 2005). Ritrovamenti archeologici ancora più recenti (da Le Scienze, febbraio 2006) ci dicono che anche la pasta sfoglia proviene dalla Cina. I Beduini del deserto fanno la pastella rotonda come il “testarolo di Lunigiana!
Sostanzialmente la paleo-gastronomia ci conferma che esistono influenze multiple pervenute da tutto l’Oriente, sia esso il Vicino Oriente, il Medio Oriente o il Lontano Oriente.
La gastronomia ha origine dalle forme delle offerte non cruente (pastelle e pane). In Lunigiana si ritrovano le lasagne (che debbono essere date alla donne che allattano) e che debbono essere fatte con la forma a losanga (etimologia greca da loxos + anghilos = obliquo + tagliato). La grande archeologa Marija Gimbutas fa risalire al 13.500 a. C. la elaborazione della forma a losanga, ma il primo reperto con una serie di sette losanghe è una pietra shamanica (la pietra da serrare all’interno della mano piegata) risalente al 77.000 a.C., rinvenuta in Sud Africa nella Grotta di Blombos, presso Capo Agulhas. In Lunigiana, oltre alle due pietre a forma di losanga, che giacciono appaiate lungo il sentiero 118 CAI, si notano i due toponimi di Monte Losanna e del paese di Losanna e denotano un culto dell’energia femminile soggiacente in natura. Marija Gimbutas ci riferisce che il forno per il pane veniva spesso decorato con losanghe (“le pareti interne sono dipinte a losanghe multiple”, cfr. pag. 147 del libro “Il linguaggio della Dea”). Pastelle con questa forma a rombo si rinvengono anche nelle steppe dell’Asia. I pastori nomadi del Kazakistan fanno esattamente paste lievitate come i nostri “sgabei”, che vengono colà fritti con grasso animale, mentre noi Liguri usiamo olio d’oliva. Il nome di questa preparazione, che si ritrova sempre nelle feste folkloristiche, deriva dallo stare tutti attorno al fuoco, seduti sullo sgabello, in modo da essere serviti a turno della pasta lievitata, appena fritta, che deve essere mangiata caldissima per essere meglio digerita. Le piccole tortine rotonde, chiamate in India apan, hanno evidentemente dato origine al nostro pane, mentre noi ora chiamiamo queste piccole confezioni piatte “patone”. Vengono anche dalle steppe dell’Asia i “ravioli”, cioè la pasta ripiena, sagomata a scacchiera e poi ritagliata. Non è da ritenersi infatti che questa usanza sia nata in Liguria e sia trasmigrata in Asia!
Dalla lingua dei Paleo-umbri, fuggiti dalla pianura del Mar Nero prima che venisse invaso dalle acque che si innalzavano (in piena glaciazione il livello del mare era 110 metri più basso dell’attuale) abbiamo ricevuto le forme di offerte per la fertilità maschile (la struhçla = l’avvoltolata, oggi divenuta lo strudel o la baguette francese o il filoncino nostrano) e per la fecondità femminile (la ficla, oggi il bucellato, o vucellatu in Sicilia, o il canestrello o comunque una preparazione con il buco, o ancora la michetta con la fessurazione nella parte superiore) e per l’unione delle due sessualità (la mefla, preparazione a forma di losanga, ricoperta di fichi tostati, con il buco centrale in cui veniva inserito un cuore di palma). Il riconoscimento di questa ultima preparazione ha richiesto molti anni di ricerche, perché soltanto in un convegno nazionale tenutosi
all’Istituto Professionale Alberghiero di Castelfranco Veneto nel 1992 si è appreso da un vecchio chef dell’Istituto Professionale Alberghiero di Gela che lì, secondo la tradizione del Natale, veniva fatto un dolce, chiamato muffoloni (si noti la permanenza delle consonanti m-f-l) che richiama le offerte sacre del Solstizio d’Inverno e della festa del Sole Invitto, legato alla doppia sessualità.
Dalla Cina comunque è venuta la preparazione degli spaghetti o meglio della pasta sottilissima, ritrovata a tre metri di profondità durante un recente scavo di un sito invaso dalle acque (da “Nature” ottobre 2005). Ritrovamenti archeologici ancora più recenti (da Le Scienze, febbraio 2006) ci dicono che anche la pasta sfoglia proviene dalla Cina. I Beduini del deserto fanno la pastella rotonda come il “testarolo di Lunigiana!
Sostanzialmente la paleo-gastronomia ci conferma che esistono influenze multiple pervenute da tutto l’Oriente, sia esso il Vicino Oriente, il Medio Oriente o il Lontano Oriente.